La propriocezione
Bentornati.
In attesa del continuum sulla fase di bulk parleremo di un argomento altrettanto importante nel contesto preparazione atletica in ottica culturismo:
la propriocezione.
La propriocezione altro non è che una capacità generata dai nostri recettori che ci permettono in ogni istante di individuare una posizione del nostro corpo nello spazio-tempo durante la contrazione muscolare.
Non necessita di supporti sensoriali e viene nel gergo culturistico denominata:
connessione mente-muscolo
Stimoli interni ed esterni
Sappiamo perfettamente come alla variabilità di uno stimolo esterno, i nostri recettori (propriocettori) attivino meccanismi di comando e transfer elettrico che portano (tramite le vie sensitive) al midollo spinale, dove i motoneuroni creeranno un continuum di sinapsi per il raggiungimento della scarica elettrica alla fibra muscolare interessata all’atto del movimento per contrastare lo stimolo esterno.
Durante la presa di coscienza di ciò, l’allenamento del culturista vede di primario interesse lo sviluppo di questo collegamento intenso tra stimolo esterno e stimolo interno.
Facciamo un esempio
L’atleta sta allenando i bicipiti, impugna un manubrio nella mano destra in posizione supina, il corpo recepisce il carico con sufficiente stimolo meccanico per cui si attivino i meccanismi di flessione dell’avambraccio sul braccio nell’attivazione del bicipite brachiale. Al momento del tocco del manubrio e dell’attivazione dei fusi neuromuscolari ed organo muscolo-tendinei del golgi, il culturista ricercherà la massima attivazione del bicipite brachiale per mantenere la contrazione di quest’ultimo quanto più elevata possibile per tutto l’arco di movimento in cui il muscolo stesso può rimanere sotto sforzo senza l’ausilio eccessivo di altri muscoli adiacenti.
Detto in parole povere:
riesce ad “isolare” il singolo distretto per una percezione maggiore del movimento a carico di quest’ultimo.
È un concetto altamente difficile per chi, alle prime armi, non riconosce l’attivazione selettiva, ma applica per lo più una concatenazione di fasci che vanno a far raggiungere il gesto motorio in maniera similare all’atleta avanzato, ma con propriocezione totalmente differente.
Ma cosa crea una maggior connessione mente-muscolo? È un qualcosa fine a stessa?
Ebbene sembrerebbe che avere una maggior connessione mente-muscolo (quindi una maggior propriocezione sotto carico allenante) generi più ipertrofia rispetto a che non averne.
Uno studio recente del 2018 condotto da BRAD JON SCHOENFELD, ANDREW VIGOTSKY, BRET CONTRERAS, SHEONA GOLDEN, ANDREW ALTO, RACHEL LARSON, NICK WINKELMAN, e ANTONIO PAOLI ha messo in evidenza questo concetto.
30 soggetti uomini sani e studenti universitari di giovane età tra i 18 e i 35 anni di peso ed altezza differente sono stati reclutati per questo studio. I partecipanti furono suddivisi in 2 gruppi:
- un gruppo di 15 persone con focus sulla contrazione volontaria del muscolo sotto sforzo
- un gruppo di 15 persone con focus sul gesto motorio.
La durata dello studio fu di 10 settimane, di cui 8 di allenamento contro resistenza e 2 di test.
Gli esercizi proposti furono il curl con bilanciere e la leg extension, esercizi di semplice schema motorio che promuovono l’utilizzo principale di una articolazione, con uno schema di allenamento di 4 serie x 8-12 ripetizioni per esercizio.
I risultati dello studio
I risultati dello studio hanno visto un incremento di ipertrofia su entrambi i gruppi, ma risultando maggiore nel gruppo con focus connessione mente-muscolo. Vi è da sottolineare come lo studio abbia visto una maggior ipertrofia con connessione mente-muscolo sul bicipite brachiale più che sul quadricipite.
La supposizione di tale risultato può risultare nella grande massa muscolare da attivare nella leg extension rispetto che ad un curl con bilanciere.
Ma allora perché molti sportivi che non praticano bodybuilding, ma hanno fini prestativi, hanno notevoli masse muscolari in alcuni distretti tanto quanto questi ultimi?
Chiedete ad un ginnasta se quando si tira su per una trazione agli anelli pensi a reclutare il gran dorsale. Eppure hanno un notevolissimo V-shape.
Oppure ai nuotatori se quando fanno le vasche in stile libero ricerchino la contrazione e l’allungamento del gran pettorale. Toraci invidiabili.
E ancora i ballerini di danza classica per gli incredibili dettagli e volumi muscolari seppur la loro attività non preveda sovraccarichi al di fuori di loro stessi o dei loro rispettivi compagni di coreografia.
E potremmo andare avanti per molto..
La risposta è molto semplice
Nonostante la connessione mente-muscolo sia efficace nello sviluppo della massa muscolare di un individuo, non ci si deve dimenticare di come il sistema muscolo-scheletrico sia in realtà una fitta rete di fasci collegati tramite catene cinetiche. Ogni catena prevede un sinergismo tra muscolatura distale e prossimale al promotore del gesto atletico, così come la collaborazione tra agonisti ed antagonisti sia cruciale nel mantenere una corretta relazione tra articolazioni-legamenti e tendini per favorire sicurezza e continuità di performance senza rischi lesionistici.
Un gesto motorio come una trazione alla sbarra difficilmente risulterà altamente selettivo per il gran dorsale.
Reclutamento motoneuronale
In base alla capacità di reclutamento motoneuronale del soggetto, lo sviluppo di tale fascio risulterà differente: più unità motorie avrò e più il gran dorsale sarà un promotore principale del movimento di trazione alla sbarra. Al contrario, attiverò tutti gli altri muscoli (gran dorsale compreso) che mi permetteranno il raggiungimento dello scopo di tale gesto atletico: passare da punto A a punto B senza sapere con quali muscoli ci sono arrivato.
Posso quindi migliorare le mie capacità di reclutamento nonostante non attui una connessione mente muscolo?
Posso dunque far crescere il mio gran dorsale senza ricercare l’attivazione volontaria di quest’ultimo durante un gesto atletico complesso come le trazioni alla sbarra? La risposta è sì.
Come?
Con un miglioramento della mobilità e una riduzione del rom tale da far si che il gesto atletico risulti complesso solo in una porzione di movimento, porzione che vedrà il gran dorsale più attivo rispetto tutti gli altri muscoli.
Ma quindi..se è un rom limitato e ricercato..allora è come dire che stai facendo connessione mente-muscolo!
Bingo.
Ma non stai connettendo la testa al muscolo veramente!!! Ti stai solo concentrando sul rom corto!
Bingo 2 volte.
Quanti sono in confusione?
Ebbene si, la sensibilizzazione di un fascio muscolare può essere espressa anche senza un’attivazione volontaria della fibra, ma ricercando un’attivazione INvolontaria accorciando il movimento del gesto atletico. Per far si che ciò accada sarà necessaria un’esecuzione lenta e costante per far percepire al sistema quanto il muscolo target sia massimamente coinvolto in una piccola porzione di movimento. Tutto ciò è spiegabile dal fatto che i movimenti in concentrica lenta sono i migliori per far comprendere alla corteccia cerebrale come si debba contrastare una resistenza nello spazio-tempo. Le connessioni sinaptiche saranno altamente sollecitate e ciò creerà i presupposti per la nascita di nuove unità motorie e la generazione di un nuovo schema motorio. Più si è bravi a muoversi (con intelligenza in questo caso) e più si creeranno i presupposti per una maggior ipertrofia selettiva sotto sforzo sistemico.
In base alla capacità di reclutamento motoneuronale del soggetto, lo sviluppo di tale fascio risulterà differente: più unità motorie avrò e più il gran dorsale sarà un promotore principale del movimento di trazione alla sbarra. Al contrario, attiverò tutti gli altri muscoli (gran dorsale compreso) che mi permetteranno il raggiungimento dello scopo di tale gesto atletico: passare da punto A a punto B senza sapere con quali muscoli ci sono arrivato.
Conclusioni
Sono dell’idea che la connessione mente-muscolo sia l’arma più potente nella creazione di nuove unità motorie (e di conseguenza nel generare ipertrofia) e gli studi lo dimostrano, ma la realtà dei fatti è che il corpo umano è in grado di generare crescita muscolare solo se vi è congruenza tra stabilità articolare e attivazione totale della catena cinetica atta al movimento. Per questo motivo gli atleti d’élite di sport di contro-resistenza, dotati di una notevolissima capacità di attivazione della catena cinetica richiamata in ogni gesto atletico, riflettono una muscolatura di notevoli proporzioni e masse muscolari. Si sanno muovere. E molto bene oserei dire. Difficilmente lo sviluppo volumetrico sarà eguale a quello del bodybuilder, ma ciò fa riflettere su come la fisiologia umana non muti nei confronti della biomeccanica esecutiva.
Probabilmente è più sicuro utilizzare una connessione mente-SISTEMA-muscolo (ovvero concentrarsi sul passare da un punto A ad un punto B senza isolare singoli distretti) durante esercizi di grande impatto neurale da non compromettere la singola articolazione (data dall’attivazione di più catene cinetiche). Ergo: durante gli sport di performance.
La connessione mente-muscolo è da ritrovarsi più adatta su stimoli sia a carattere complesso che non (sia durante squat o trazioni che durante leg curl o push down), ma quando l’impatto neurale nel generare ipertrofia è più tassante sulla singola articolazione a sovraccarichi ridotti rispetto agli stimoli che ricercano performance. Ergo: se si ricerca ipertrofia selettiva di un fascio, sembrerebbe più intelligente utilizzare una connessione mente-muscolo affinando il rom attivo per la quale il muscolo target è maggiormente sollecitato.